Il Long COVID mette a dura prova anche i fisioterapisti

I decorsi gravi del COVID-19 hanno scosso Petra Gmünder. Ora la fisioterapista aiuta le persone affette da Long COVID a ricominciare a vivere.

Il Long COVID non è una sfida nuova solo per chi ne è colpito, ma anche per i familiari. Di conseguenza, tutti devono imparare a convivere con la sindrome e la sua versatilità. È successo anche alla fisioterapista diplomata Petra Gmünder. La trentaquattrenne è entrata in contatto per la prima volta nell’autunno del 2020 con pazienti acuti affetti da COVID-19. Già allora si era accorta di quanto fosse variegata la malattia e di quanto la fisioterapia potesse influire sui sintomi.

Il bisogno di essere presi sul serio

Ben presto è diventato chiaro che il COVID-19 può avere anche un decorso prolungato, con un forte impatto sul rendimento e sulla qualità di vita delle persone colpite. «Alcuni pazienti riferiscono di non sentirsi presi sul serio circa i propri sintomi. In alcuni casi, le limitazioni sono talmente gravi da impedire alle persone colpite, anche ai più giovani, di dedicarsi al lavoro e alle attività del tempo libero nella misura auspicata», spiega Gmünder. Questo l’ha spinta a dare vita al gruppo post-COVID insieme ai suoi colleghi e colleghe dell’Ospedale cantonale di Olten (KSO).

«Mi commuove vedere come persone sane e dinamiche vengano strappate dall’oggi al domani dalla quotidianità abituale.»

Il gruppo post-COVID mira a offrire alle persone colpite una riabilitazione completa e mirata. L’obiettivo è il ripristino dell’autonomia nella vita di tutti i giorni e la resistenza. Poiché si tratta di un nuovo quadro clinico, non si sa ancora quali forme di fisioterapia siano utili e sicure. «Per questo puntiamo molto sui resoconti delle esperienze», racconta Gmünder. «Per raccogliere informazioni e rimanere sempre aggiornati sullo stato attuale delle conoscenze e della scienza occorre molta iniziativa».

Ascoltare il corpo e non la testa

Per tutte le persone coinvolte è fondamentale la stretta collaborazione tra medici di diverse specializzazioni, fisioterapisti e altro personale sanitario, come anche lo scambio continuo di idee. Prima di essere ammessi al gruppo, i pazienti vengono esaminati dai medici e sottoposti a screening per individuare i fattori di rischio. Nella fase successiva è prevista una seduta individuale di fisioterapia per redigere un primo referto che registra le limitazioni permanenti a livello fisico (resistenza fisica) e il peggioramento della qualità di vita. «È importante ascoltare il corpo e non la testa», ricorda Gmünder, «anche se ciò non corrisponde alla natura di tutti».

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Petra Gmünder presenta gli esercizi del programma domiciliare del gruppo post-COVID (foto: Petra Gmünder)

Un dolore condiviso è più leggero

Di fatto, il gruppo post-COVID ha iniziato il proprio lavoro il 6 aprile 2021. «Attualmente il gruppo comprende persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni, di cui circa il 60% sono donne», spiega Gmünder. Già da questo si può capire quanto sia eterogeneo il gruppo. C’è di tutto, da chi lavora a chi non è attualmente in grado di svolgere attività professionali, fino a persone fortemente sotto pressione nella vita privata.

La partecipazione al gruppo post-COVID è prevista inizialmente per 12 settimane con due sessioni di gruppo a settimana. Una si concentra sull’allenamento di resistenza, l’altra sull’allenamento di forza. Se le pazienti e i pazienti tollerano l’impegno fisico, è importante che, oltre agli allenamenti di gruppo, eseguano regolarmente anche il programma a casa appreso e inseriscano l’attività nella loro vita quotidiana. Le persone colpite hanno inoltre a disposizione del tempo per confrontarsi sulle strategie di autogestione. «Questo scambio è considerato molto prezioso dalle persone colpite e stimola la motivazione», afferma Gmünder. Un diario delle attività serve inoltre ad aiutarli a vedere i progressi compiuti e a riconoscere eventuali fattori che possono portare a un peggioramento dei sintomi. «Ciò che per alcuni migliora i sintomi, per altri può addirittura influire negativamente sulla sintomatologia. Individuare i possibili trigger insieme ai pazienti è molto importante per evitare stati di spossatezza dovuti a sovraccarico. In determinate circostanze ciò presuppone anche che i membri del gruppo siano aiutati a suddividere le attività quotidiane in attività parziali gestibili, al fine di aumentare a lungo termine la resistenza in modo dosato e su base individuale», aggiunge Petra Gmünder.

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Il confronto sulle strategie di autogestione è importante per le persone affette. (Immagine di rappresentanza: Adobe Stock)

«La cosa più bella finora? Ridere nel gruppo insieme alle persone colpite.»

Remare insieme nella stessa direzione

Sia per le persone affette da Long COVID che per medici e terapeuti è importante non volere tutto subito. Si tratta di piccoli passi che speriamo portino al successo. Petra Gmünder ricorda particolarmente bene un momento dell’ora di terapia: «Mi ha scaldato il cuore vedere il gruppo tornare dallo spogliatoio ridendo. Penso che momenti come questi contribuiscano molto alla guarigione».

Ad altri terapeuti Gmünder consiglia di non farsi spaventare dall’esiguità attuale dei dati disponibili, di adottare sempre un approccio olistico, di promuovere il confronto e di andare incontro alle esigenze individuali. Probabilmente, infatti, la cosa più importante è che le persone con Long COVID si sentano prese sul serio, che vengano ascoltate e che si trasmetta loro la sensazione di non essere lasciate sole. Questo è fondamentale anche per definire insieme ai pazienti il dosaggio adeguato a livello individuale per sviluppare resistenza.