Simona Kopp è una sportiva: la trentenne percorre 4500 chilometri all’anno in bici. A marzo del 2020 ha contratto una forma relativamente lieve di Covid. “Non sono mai stata veramente male”, racconta. Anche quando dopo due settimane si sentiva ancora debole e trovava insolitamente faticoso fare persino una semplice passeggiata o due piani di scale, non si è preoccupata più di tanto. In fin dei conti, essendo fisioterapista, Simona Kopp sa che serve tempo per rimettersi in forma quando si è indeboliti da una infezione o da un infortunio.
“Mi chiedevo sempre più spesso cosa stesse succedendo ai miei polmoni.”
Tuttavia, la situazione non sembrava migliorare. Anche dopo soli 20 minuti di corsa, per ore Simona Kopp aveva la sensazione che le mancasse l’aria. « I medici dicevano che dovevo avere pazienza. Tuttavia, dopo tre mesi senza alcun miglioramento mi chiedevo sempre più spesso: “cosa sta succedendo ai miei polmoni” », racconta. Anche il suo partner si è accorto che nei giri in bici lei era molto meno in forma rispetto al passato.
La decisione di effettuare il test da sforzo
Simona Kopp ha deciso di sottoporsi a un test da sforzo, la cosiddetta spiroergometria (informazioni in merito sono riportate in questo blog). In caso di Long COVID, una decisione del genere dovrebbe essere presa assieme a uno specialista: in alcuni casi gli sforzi eccessivi possono portare a un “crash” (crollo), con conseguenze negative per giorni (malessere post-sforzo PEM). Probabilmente questo può capitare soprattutto a chi sperimenta già nella vita quotidiana questo tipo di intolleranza agli sforzi.
Tuttavia, non era il caso di Simona Kopp: l’insufficienza respiratoria è sparita 2-3 ore dopo lo sforzo, senza che ne abbia risentito per giorni. È comunque riuscita a lavorare come sempre al 90%. Se non vi sono problemi relativamente al PEM, un test da sforzo può essere utile e fornire utili indicazioni diagnostiche (si veda il blog dedicato).
“Sono stata felice di sapere che da quel punto di vista andava tutto bene e che non devo evitare gli sforzi”.
Quindi Simona Kopp si è sottoposta a una spiroergometria: in un protocollo di sforzo definito, avrebbe dovuto incrementare costantemente le proprie prestazioni su un cicloergometro, spingendosi al massimo delle proprie forze. Dalla misurazione del lattato è emerso che i muscoli esaurivano troppo presto l’ossigeno. “Ho dovuto interrompere il test molto prima di quanto avevo previsto basandomi sull’esperienza”, racconta Simona Kopp. L’affanno sperimentato nelle ore seguenti non l’ha preoccupata: “Sapevo ormai che sarebbe stato passeggero.”
Organi a posto
Kopp ha potuto discutere dei risultati con un medico. Per quanto riguardava cuore e polmoni, non c’era nulla di particolare. “Dal suo punto di vista, potevo continuare ad allenarmi. Sono stata contenta di sapere che non correvo alcun rischio”. Quindi il test da sforzo è stato utile per inquadrare la situazione e darle sicurezza. Poco a poco, Simona Kopp ha iniziato con l’allenamento a intervalli. Tuttavia, il netto miglioramento è da ricondurre a un altro metodo.
Lavorando nel reparto di fisioterapia della Clinica universitaria Balgrist, Simona Kopp sapeva che esistono dei dispositivi per allenare la muscolatura respiratoria. Così, più volte a settimana ha allenato il respiro aumentando sempre di più la resistenza. In alcuni casi, dopo l’allenamento respiratorio ha effettuato un allenamento a intervalli (fasi di sforzo brevi e definite) in bicicletta.
“Ero felice di aver trovato un metodo di allenamento che mi faceva percepire dei progressi. Perché è difficilissimo limitarsi ad aspettare e sperare che prima o poi la situazione migliori”, racconta.
Ha avuto successo: dopo tre mesi buoni, si è sentita di nuovo relativamente in forma. Ha effettuato un nuovo test spiroergonomico e dai valori è emerso un netto miglioramento. È riuscita a partecipare persino alla maratona in bici del Parco Nazionale, rimanendo soddisfatta delle proprie prestazioni: “I miei polmoni si erano ripresi al 90 percento”.
Dopo circa otto mesi, Simona Kopp si è sentita di nuovo in forma. Quindi, tutto a posto? Non proprio: a distanza di quasi due anni dall’infezione, l’olfatto non è ancora tornato del tutto normale. “Adesso sono circa all’80%”, stima. All’inizio lo avevo perso completamente, poi c’è stato un rapido miglioramento, che in seguito si è fermato. Ora improvvisamente torno a sentire alcuni odori, come quello dell’erba appena tagliata.
Non è più come prima
Altri odori si sono alterati. “Le banane non hanno più l’odore di una volta. È qualcosa che non ho mai sentito prima, che non saprei descrivere”. Ha dovuto cambiare bagnoschiuma e crema per il corpo perché il loro profumo le dava la nausea. Non sopporta le cipolle crude e mangia solo cioccolato fondente; tutto il resto è troppo dolce. “Ora quando cuciniamo è il mio compagno a condire i piatti”, dice Simona Kopp.
Anche se si sente di nuovo bene, le conseguenze a lungo termine dell’infezione da Covid non sono del tutto passate. “Nessuno può dirmi se gusto e olfatto torneranno mai come prima. Per il momento ho accettato e convivo con queste alterazioni”.