Gregory Fretz è uno dei maggiori esperti svizzeri in materia di Long COVID (si veda il riquadro ”Informazioni personali”). In un’intervista in due parti, si pronuncia sull’attuale avanzamento della ricerca sulle cause del Long COVID e sulle terapie possibili. Questa prima parte approfondisce le cause. La seconda presenta le possibilità di trattamento.
Gregory Fretz, che cosa sappiamo attualmente sulle cause del Long COVID?
Prima di tutto è importante chiarire che probabilmente esistono varie tipologie di Long COVID, che oggi indichiamo con lo stesso nome, ma che hanno cause diverse. In fin dei conti, l’espressione” Long COVID” si riferisce solo alla durata: si usa se i sintomi persistono per più di 4 settimane dopo l’infezione. Tuttavia, è importante evitare le generalizzazioni. Solo così possiamo anche intervenire in modo mirato con i trattamenti.
Quali sono le tipologie?
Si tratta piuttosto di una gamma più che di tipologie chiaramente delimitabili. Da un lato della gamma troviamo pazienti giovani e sani, che dopo un decorso lieve improvvisamente manifestano sintomi neurologici quali affaticamento, malessere post-esercizio (PEM), disturbi del sonno e di concentrazione. Dall’altra parte abbiamo pazienti anziani, che hanno fatto i conti con un decorso grave in terapia intensiva. Naturalmente questi richiedono un trattamento completamente diverso.
Quali sono le tesi in discussione in merito alle cause?
Secondo una tesi abbiamo a che fare con una sorta di neuroinfiammazione, quindi con dei focolai infiammatori nel cervello. Questa è legata a un malfunzionamento del sistema nervoso autonomo, in quanto la sua centrale di comando risiede proprio nel cervello. Questo controlla le nostre funzioni corporee autonome quali digestione, battito cardiaco e respirazione. Provoca anche il senso di malessere quando qualcosa non funziona e abbiamo bisogno di riposo.
Nel caso del Long COVID, il sistema nervoso autonomo sembra scatenare questo senso di malessere, anche se gli organi in realtà sono sani. Il sistema immunitario continua a reagire, anche se non dovrebbe farlo. Sintomi come un improvviso e forte aumento del battito cardiaco, problemi di digestione o di sonno sono segnali di questa disautonomia, un disturbo nel controllo automatico delle nostre funzioni corporee.
«È possibile che il sistema immunitario attacchi il corpo.»
Cos’altro potrebbe nascondersi dietro al fenomeno?
Si parla di fenomeni autoimmuni. Nelle analisi di laboratorio è stato possibile rilevare i cosiddetti autoanticorpi, che vengono prodotti dal sistema immunitario e aggrediscono l’organismo. Alcuni pazienti, ma probabilmente non tutti, sembrano appartenere a questo gruppo. A tal proposito si è già parlato di farmaci per un possibile trattamento, che in alcuni casi hanno dato buoni risultati. Comunque, queste due tesi (neuroinfiammazione e autoanticorpi) non si escludono necessariamente a vicenda.
E per quanto riguarda la circolazione?
Si è osservato che possono verificarsi disturbi circolatori e danni alla microcircolazione, all’apparato circolatorio nei vasi sanguigni più piccoli. È possibile che venga coinvolto l’endotelio, il tessuto che li riveste. Questi fenomeni potrebbero essere conseguenza della neuroinfiammazione o del disturbo autoimmune.
«Non è facile mantenere la visione d’insieme, ma in questo momento si sta succedendo molto a riguardo.»
E la tesi relativa alla respirazione cellulare e ai mitocondri?
In alcune persone che hanno contratto la malattia, la produzione di energia nelle cellule, chiamata respirazione cellulare nei mitocondri, non funziona più come dovrebbe. Questo può in parte essere misurato e spiegherebbe anche sintomi quali i dolori muscolari. Al contrario la questione controversa è se si tratti di una causa primaria dei disturbi o piuttosto di una conseguenza dello squilibrio nel sistema immunitario.
Sembra ancora poco chiaro...
Ci sono anche altre tesi che sostengono ad esempio che residui o componenti del virus permangano e continuino a sollecitare il sistema immunitario. Questo spiegherebbe perché per alcuni la vaccinazione può avere un effetto terapeutico. Non è facile mantenere la visione d’insieme, ma in questo momento sta succedendo molto a riguardo.
«Il Long COVID è un fenomeno complesso che richiede risposte altrettanto complesse.»
In che modo queste scoperte influiscono sul suo lavoro quotidiano?
È probabile che non si affermi un’unica tesi che spiega tutto. Magari tutte hanno degli elementi giusti, e potrebbero anche convergere. Il Long COVID è un fenomeno complesso che richiede risposte altrettanto complesse.
Per noi è importante comprendere che cosa accade in dettaglio nelle diverse tipologie di pazienti. Così possiamo adeguare il più precisamente possibile la terapia al caso individuale. So che sarebbe bello se arrivasse qualcuno che dicesse: «Ho risolto l’arcano e decifrato il mistero del Long COVID!» ma al momento temo sia poco probabile. Piuttosto, le persone colpite riceveranno un trattamento personalizzato a seconda dei processi e dei disturbi preponderanti nel loro caso.