Fisiopatologia del Long COVID 4: Biomarcatori

Fisiopatologia del Long COVID 4: Biomarcatori

I pazienti affetti da long COVID possono manifestare più di 200 sintomi distribuiti in varie parti del corpo, complicando di conseguenza la diagnosi.I biomarcatori possono svolgere un ruolo fondamentale nel migliorare la diagnosi, la prognosi e il trattamento del long COVID.

Un biomarcatore o marcatore biologico è un indicatore che fornisce informazioni su una malattia o un processo biologico nel corpo di una persona. I biomarcatori possono includere un'ampia gamma di sostanze, come molecole, proteine, cellule e geni, e si possono essere trovare nel sangue, nell'urina e nei tessuti. In una scoping review (vedi Infobox) pubblicata all'inizio di quest'anno, dall’analisi di 23 studi i ricercatori hanno trovato 239 biomarcatori nel sangue, che possono essere utilizzati per la diagnosi o la previsione del long COVID. Questi biomarcatori comprendono varie cellule e molecole immunitarie come citochine, chemochine, anticorpi e altre sostanze chimiche o proteine.

I livelli ematici di questi biomarcatori differiscono in modo significativo tra i pazienti affetti da long COVID e un gruppo di controllo composto da persone sane, che mai esposte alla SARS-CoV-2, guarite o che hanno sofferto solo lievemente di long COVID.

 

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Disegno dello studio: Un gruppo di 2163 pazienti con Long COVID è stato confrontato con un gruppo di controllo.

 

La fase acuta

Gli autori hanno innanzitutto studiato quali cellule e molecole immunitarie differiscono dal gruppo di controllo nella fase iniziale dell'infezione da SARS-CoV-2. La risposta immunitaria all'infezione virale risultava provocare dei cambiamenti nel nostro sistema immunitario, utilizzabili per prevedere un eventuale sviluppo di long COVID. Ad esempio, si riscontravano differenze in specifiche cellule immunitarie chiamate cellule T CD8+, importanti per la protezione contro i virus (si veda la Parte 1 di questa serie). Inoltre, i cambiamenti osservati nelle cellule immunitarie risultavano correlabili ai sintomi sviluppati, respiratori o gastrointestinali, comemostrato nella Parte 3: Sottofenotipi.

Rispetto al gruppo di controllo, il livello di diverse citochine risultava aumentare durante la fase acuta della COVID-19 nei pazienti che hanno poi sviluppato il long COVID. Tra queste si individuavano le molecole infiammatorie chiamate interleuchine, il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e la molecola antivirale interferone-gamma (IFN-γ). Secondo tali studi, le alterazioni degli anticorpi e degli autoanticorpi (anticorpi che attaccano e distruggono erroneamente le cellule sane) sono associate all'insorgenza del long COVID. I pazienti che hanno sviluppato il long COVID presentavano anche una maggior quantitàdi fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), importante per la crescita dei vasi sanguigni.

 

Recupero precoce

I ricercatori hanno identificato dei biomarcatori anche nella fase di recupero dopo l'infezione iniziale, i quali possono essere utilizzati per prevedere l'insorgenza del long COVID. In questa fase, veniva associato al long COVID un numero maggiore di cellule immunitarie specifiche, tra cui i linfociti T CD8+, i monociti e le cellule dendritiche. Analogamente alla fase iniziale dell'infezione, aumentavano anche diverse molecole immunitarie, tra cui le citochine e alcuni autoanticorpi. Si individuavano inoltre diverse altre sostanze utilizzabili come biomarcatori per il long COVID, ad esempio proteine della coagulazione (legate alla coagulazione del sangue), proteine della fase acuta, ormoni specifici e marcatori di infezioni fungine e batteriche.

Diversi biomarcatori sono presenti in momenti distinti.

Biomarcatori per sintomi specifici del long COVID

La scoping review mirava anche a identificare biomarcatori specifici per vari sintomi del long COVID, tra cui quelli respiratori, neurologici e gastrointestinali.

Nei pazienti con sintomi respiratori, si riportavano livelli più elevati di cellule immunitarie infiammatorie specifiche di molecole come la citochina Il-6 e la proteina C-reattiva CRP. È interessante anche notare nei pazienti un aumento dei livelli di emoglobina, indice di un meccanismo per migliorare il trasferimento di gas tra polmoni e sangue. Inoltre, i livelli di S-sulfocisteina, una molecola associata ai sintomi della tosse, risultavano elevati, mentre quelli dell'ormone dello stress cortisolo diminuivano.

I pazienti con sintomi neurologici presentavano quantità più elevate di proteine associate allo stesso SARS-CoV-2, ai mitocondri e alle cellule nervose (neuroni) in specifici sistemi di trasporto chiamati vescicole. In questo gruppo di pazienti si è osservato anche un aumento dei livelli di specifiche citochine infiammatorie. Secondo gli autori è fondamentale scoprire biomarcatori per il long COVID di tipo neurologico, data la presenza di questo sottotipo fino a due anni con potenziale aumento del rischio di sviluppare malattie neurodegenerative.

L'affaticamento nei pazienti con long COVID potrebbe inoltre essere associato a danni ai vasi sanguigni dovuti al virus. In particolare, si riscontra una diversa abbondanza di molecole note come endotelina-1 e angiopoietina-2, entrambe importanti per il funzionamento dei vasi sanguigni. I sintomi di affaticamento potrebbero essere collegati anche alla presenza del virus di Epstein-Barr (EBV) nella fase iniziale dell'infezione, come ha riferito Altea.

Infine, i biomarcatori dei sintomi digestivi includono la presenza di cellule T CD8+ attive e di autoanticorpi specifici, mentre i livelli più elevati di β-glucano suggeriscono la presenza di un'infezione fungina nell'organismo.

 

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Sintesi dei biomarcatori per sintomi. Per l'immagine dettagliata si veda la pubblicazione originale.

Che cos'è una scoping review?
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